LISTA D’ATTESA: ISCRIZIONE
Per il trapianto di Fegato, ogni paziente può iscriversi in un solo centro trapianti presente sul territorio nazionale (per i pazienti pediatrici sotto i 18 anni l’iscrizione è in un unico Registro Nazionale).
Non vi sono vincoli circa la scelta del centro trapianti.
Di ogni paziente vengono indicati sulla cartella di iscrizione in lista i dati anagrafici, clinici e immunologici.
Pazienti minorenni: è stata istituita la lista unica nazionale per tutti i programmi di trapianto.
Per il trapianto di fegato è consentita l’iscrizione in lista di attesa presso un solo centro trapianto sull’intero territorio nazionale.
Alla chirurgia del trapianto di fegato si giunge in condizioni in cui l’organo risulti seriamente compromesso.
Si rende necessario nei pazienti che corrono il pericolo di morire a causa di una grave insufficienza epatica; per esempio determinata da cirrosi conseguente alla distruzione delle cellule del fegato (epatociti) provocata da Epatite C. Ma si può richiedere il trapianto di fegato anche per la presenza di tumori epatici non altrimenti curabili; il caso più comune in questo ambito è l’epatocarcinoma.
La sostituzione del fegato malato con un fegato sano – o con una parte di esso – richiede la disponibilità di organi selezionati in base a due fattori essenziali di compatibilità tra donatore e ricevente che sono predeterminati prima dell’intervento: gruppo sanguigno e dimensioni corporee.
Nella maggior parte dei casi, il nuovo fegato proviene da un donatore deceduto.
Negli ultimi anni si è però fatto ricorso – in percentuali sempre più crescenti – a trapianti di fegato da donatore vivente, individuato nell’ambito familiare.
Questa opzione, praticabile tanto per riceventi pediatrici che adulti, non è disponibile in tutti i centri trapianto fegato italiani.
Anche altre malattie possono richiedere un trapianto di fegato, quali:
- l’atresia biliare (malattia di origine sconosciuta che colpisce i neonati – 1 su 10.000 – e causa l’infiammazione e l’ostruzione dei dotti biliari)
- la cirrosi biliare primaria
- la colangite sclerosante
- il Morbo di Wilson
- l’emocromatosi
- la cirrosi da alcolismo
Il trapianto di fegato – non esente da rischi – è un trapianto salvavita che ha anche lo scopo di migliorare sensibilmente la qualità della vita del malato.
Occorre tuttavia ricordare come sia altrettanto basilare, ai fini del buon esito del trapianto, una fase di attenta valutazione clinica antecedente l’intervento.
Fase utile a stabilire se il trapianto costituisca realmente la migliore soluzione a livello terapeutico per i pazienti affetti da malattia epatica acuta o cronica.
È pertanto fondamentale eseguire alcuni accertamenti strumentali e di laboratorio indispensabili a chiarire il grado d’insufficienza epatica riscontrata e lo stato di salute dell’organismo, fegato a parte.
Concluso il percorso, completate tutte le consulenze specialistiche, ogni singolo caso sarà poi ‘oggetto’ di confronto di un team multidisciplinare composto da chirurghi, gastroenterologi, epatologi, anestesisti, psicologi e infermieri di coordinamento.
Il trapianto di Fegato è approdato in Italia agli inizi degli anni ’80, quando ancora era – in tutto il mondo – una pratica sperimentale.
Nel tempo la selezione del ricevente, l’intervento chirurgico, la terapia post-trapianto sono state standardizzate ed oggi il trapianto epatico è un’offerta terapeutica “normale” per epatopatie acute terminali, croniche progressive e per alcuni tipi di tumori epatici (soprattutto epatocarcinoma).
I benefici sono riconosciuti da un’ampia letteratura medico-scientifica, anche se l’intervento non è privo di rischi considerata l’alta complessità operatoria.
È possibile stimare la durata della procedura in un arco di tempo compreso tra le 6 e le 12 ore e in base a 3 fase ben distinte tra loro:
- la rimozione dell’organo malato
- la cosiddetta fase anepatica (il fegato non più funzionante è stato asportato chirurgicamente e il nuovo organo non è stato ancora trapiantato)
- il trapianto vero e proprio mediante la ‘ricongiunzione’ dei vasi sanguigni (arteriosi e venosi) e delle corrispondenti vie biliari.
Relativamente a quest’ultimo aspetto, preme rammentare come i recenti progressi ottenuti in ambito chirurgico consentano oggi di applicare le tecniche impiegate nelle resezioni convenzionali del fegato proprio alla procedura da trapianto.
In considerazione di ciò è possibile ‘dividere’ il fegato del donatore in due porzioni e trapiantarle in due persone diverse in modo che entrambe funzionino in maniera indipendente e corretta e riuscire ad ampliare il numero dei trapianti a parità di numero di donazioni.
Questa metodologia – concepita inizialmente per favorire il reperimento di organi di dimensioni congrue per il trapianto di fegato nei bambini – è stata via via adottata anche nei pazienti adulti ed è riconosciuta con il nome di tecnica split.
Concluso l’intervento, il paziente viene generalmente trasferito all’interno del Reparto di Rianimazione e Terapia Intensiva.
Questo ‘passaggio’ consente di garantire al malato un periodo di stretta sorveglianza sanitaria mediante apposito monitoraggio post-operatorio.
Al momento del risveglio, il paziente noterà alcuni drenaggi addominali e un tubicino (chiamato tubo di Kehr) la cui funzione è quella di assicurare la fuoriuscita della bile.
Avvertirà inoltre la presenza di un piccolo tubo inserito attraverso il naso o la bocca così da aiutarlo nella respirazione fino a quando le condizioni fisiche non gli permetteranno la piena autonomia funzionale. Ci saranno anche alcuni cateteri vascolari per favorire il monitoraggio, le infusioni ed i prelievi di sangue.
Infine si accorgerà di un sondino naso-gastrico – indispensabile alla ‘rimozione’ delle secrezioni provenienti dallo stomaco – e del catetere vescicale atto a favorire la diuresi.
Nei giorni successivi l’intervento, il paziente sottoposto a trapianto potrà ‘accusare’ alcuni episodi di disorientamento correlati alla terapia e alla procedura chirurgica.
Si tratta perlopiù di eventi di breve durata e che scompaiono in poco tempo.
In assenza di complicanze, il trapiantato verrà poi trasferito nel Reparto di Chirurgia Generale per proseguire il trattamento fino alla sue dimissioni dall’ospedale.
Nel corso di quest’ultima fase della degenza, i medici valuteranno le condizioni del nuovo fegato e la risposta di tutto l’organismo.
La durata del ricovero post-trapianto è variabile in funzione dello stato di compromissione preesistente e dell’eventuale comparsa post-operatoria di complicanze, nonché della loro gravità. Si va da un minimo di 10 giorni ad un tempo indefinito, con una media intorno a tre settimane.
I rischi da trapianto di fegato
I principali rischi correlati al trapianto di fegato sono dati dalle complicanze chirurghe e dalle infezioni.
Le complicanze chirurgiche non sono comuni, ma possono richiedere nuove operazioni per essere affrontate e possono risultare così gravi da non essere riparabili e condurre alla necessità di ritrapianto urgente oppure a morte dopo l’ìntervento.
Il rigetto verso il trapianto risulta invece comunemente controllato dalle terapie immunosoppressive.
Il sistema immunitario codifica il ‘nuovo’ fegato come ‘elemento’ estraneo all’organismo.
La reazione indotta è del tutto simile a quella suscitata dal ‘contatto’ con agenti patogeni esterni, quali i batteri o i virus.
Allo scopo di prevenire questa fase, i pazienti che hanno ricevuto un nuovo organo devono sottoporsi ad uno specifico protocollo farmacologico basato sulla somministrazione di terapie mirate a ‘sopprimere’ la violenta risposta immunitaria.
Le terapie immunosoppressive non sono esenti da effetti collaterali, in quanto non escludono il pericolo di contrarre infezioni come pure possono causare danni ad altri organi ed apparati.
Le infezioni sono oggigiorno la causa più frequente di morte dopo il trapianto di fegato. Questo evento si determina a seguito della selezione di germi sempre più resistenti agli antibiotici ed è secondario anche alla frequenza di ospedalizzazioni richieste dal controllo dell’epatopatia pre-trapianto.
Quest’ultimo parametro identifica la fragilità dell’equilibrio generale di un malato grave, come è il candidato al trapianto di fegato in cui si aggiunge la necessità, dopo l’operazione, di mantenere la terapia immunosoppressiva.
Gli effetti collaterali del trapianto di fegato
Gli effetti indesiderati sono in genere causati dai farmaci necessari alla cura o alla prevenzione del rigetto. Si tratta di condizioni che possono interessare il sistema cardiovascolare (con l’innalzamento della pressione arteriosa) e la funzione dei reni; provocare ritenzione idrica, mal di testa, diarrea e nausea.
La gravità dei disturbi segue alcune variabili tra cui l’età, il peso e la situazione clinica pre e post-intervento dei singoli pazienti.
La terapia anti-rigetto
La terapia anti-rigetto con farmaci immunosoppressori riveste un ruolo determinante ai fini del buon esito del trapianto.
Attraverso di essa si impedisce che l’organismo nel ‘riconoscere’ come estraneo il fegato trapiantato lo aggredisca e tenti di ‘distruggerlo’.
Per questo motivo, sebbene le sue dosi vengano progressivamente ridotte nel tempo, pressoché nella totalità dei casi la terapia immunosoppressiva viene mantenuta a vita.
Altrettanto fondamentali al mantenimento del buon risultato nel tempo del trapianto sono il corretto mantenimento e la costanza delle prescrizioni specialistiche per non incorrere in situazioni d’allarme dettate dal mancato rispetto delle regole.
Da qui, il suggerimento alla predisposizione di un’agenda dedicata all’assunzione dei medicinali previsti nell’arco dell’intera giornata (magari aiutati da un allarme acustico impostato sul telefono cellulare); alla conservazione dei farmaci in contenitori che ne garantiscano l’identificazione immediata; alla perseveranza nell’eseguire le visite ambulatoriali e nel seguire scrupolosamente le indicazioni ricevute dai medici affinché sia possibile riconoscere con la massima tempestività ogni minima, eventuale anomalia.
Non raddoppiare mai la dose successiva del farmaco in caso di precedente dimenticanza
Non assumere farmaci non prescritti o concordati con il proprio medico curante
In particolare non assumere calcio-antagonisti, antimicotici, antibiotici, anticonvulsivi, antitubercolari, antinfiammatori non steroidei (FANS), aminoglicosidi, amfotericina, lovastatina.
Quanto dura un intervento chirurgico per trapianto di fegato?
L’intervento chirurgico richiede dalle 6 alle 12 ore. La maggior parte dei pazienti rimane ricoverata in ospedale 3 settimane.
Dopo quanti mesi dall’intervento chirurgico è possibile tornare alla normalità?
La maggior parte dei pazienti trapiantati recupera ritmi e abitudini normali entro 6 mesi dall’intervento chirurgico. La ripresa dell’attività lavorativa e professionale dopo l’operazione è variabile sulla base alle caratteristiche dell’occupazione.
Quali sono gli effetti collaterali più comuni del trapianto di fegato?
Possibili effetti collaterali dei farmaci immunosoppressori che devono essere assunti dopo il trapianto per la prevenzione del rigetto.
Questi effetti non sono sempre presenti e variano in base al tipo di farmaco utilizzato:
- Ritenzione idrica
- Ipertensione
- Iperglicemia o Diabete
- Aumento dei grassi nel sangue
- Mal di testa
- Diarrea
- Nausea
- Tremore
La febbre nel post-intervento: come comportarsi?
Dopo un trapianto di fegato non è da escludere una maggiore sensibilità alle infezioni. Ciò deriva anche dall’assunzione dei farmaci utilizzati nel post-intervento. Questi farmaci, infatti, oltre a svolgere una primaria funzione di controllo del rigetto dell’organo trapiantato, agiscono sul sistema immunitario ‘abbassando’ le normali difese dell’organismo. In caso di febbre – quale ‘spia’ di probabile infezione – occorre monitorare la temperatura e provvedere all’immediato consulto con il medico curante e il Centro Trapianti di riferimento allo scopo di scongiurare il peggioramento dei sintomi.
Il contatto con familiari e amici: l’uso della mascherina è necessario?
Abbiamo già detto della maggiore sensibilità alle infezioni dopo un trapianto di fegato anche a ‘causa’ della terapia farmacologica anti-rigetto. L’uso della mascherina di protezione (naso-bocca) tuttavia non è sempre consigliato ed è bene al riguardo fare riferimento ai propri medici. E’ invece buona precauzione evitare il contatto con familiari e amici nel caso di sindrome influenzale o malattie da raffreddamento. Da evitare inoltre i luoghi troppo affollati onde prevenire possibili contagi ed i contatti con bambini in età pre-scolare e scolare nel periodo delle epidemia delle malattie contagiose dell’infanzia.
Igiene personale: le norme da rispettare
Una volta rimossi i drenaggi, il paziente può fare la doccia ogni giorno. Suggerito l’utilizzo di una crema emolliente da stendere sulla pelle dopo il lavaggio. Da sostituire con regolarità lo spazzolino, affinché la placca dentale venga rimossa in modo efficace.
A quali disturbi occorre prestare attenzione?
Eventuali disturbi alle gengive (dolore e sanguinamenti) oppure ai denti, così come le modificazioni del colore della pelle, la comparsa di macchie o altre lesioni della cute vanno subito segnalati al medico.
Perché si aumenta di peso?
Successivamente all’intervento chirurgico il peso corporeo del paziente trapiantato può andare incontro ad un aumento dovuto a più fattori. Dall’accumulo di liquidi (quello che i medici chiamano edema, all’incremento ponderale vero e proprio: l’eccesso di peso può condurre alla malattia del fegato grasso e contribuisce significativamente al rischio di presentare malattie cardiovascolari!. In quest’ultimo caso, valutata la condizione psicofisica generale del soggetto, è bene sottoporsi a specifico regime dietetico sulla base delle indicazioni ricevute dallo specialista. Altrettanto importante è la periodica misurazione della pressione arteriosa: i farmaci assunti per la terapia anti-rigetto possono avere effetti sull’andamento dei valori minimi e massimi.
Frutta e verdura vanno lavate con cura
Un’alimentazione sana include vegetali e frutta di stagione, il che consente l’assunzione di vitamine e agenti antiossidanti. Tuttavia è bene lavare con cura gli alimenti che si assumono crudi.
Vietati gli integratori, le vitamine e i rimedi fitoterapici
Integratori, vitamine e rimedi fitoterapici (erbe) sono vietati in chi è stato sottoposto a trapianto di fegato. I pazienti devono attenersi alla terapia farmacologica prescritta dal medico curante.
E gli alcolici?
Dopo trapianto di fegato, organo direttamente coinvolto nell’azione dannosa dell’alcol, nessuna bevanda alcolica è ammessa. L’alcol nuoce al nuovo fegato e provoca l’alterazione dei test inerenti la funzionalità epatica. Modificazioni che possono essere interpretate – in modo errato – come ‘spie’ di rigetto dell’organo o segnale d’infezione in atto.
Il fumo: cosa fare?
La risposta non può che essere una: il fumo è vietato. Sono ampiamente riconosciuti gli effetti dannosi sull’intero sistema cardiovascolare, sull’apparato respiratorio nonché sulla salute e la funzionalità di altri organi: tra cui il fegato. Si tenga inoltre presente che i vasi sanguigni del fegato nel trapianto sono stati ricuciti chirurgicamente e l’azione vasocostrittrice del fumo potrebbe danneggiare la riparazione di queste suture.
Tornare a viaggiare, quando?
Nei casi di viaggi, anche all’estero, la prima regola da osservare è quella di non dimenticare mai i propri farmaci; meglio se aumentati nelle quantità quale scorta da utilizzare in condizioni d’emergenza o difficoltà d’acquisto. Utile una lista in cui siano chiaramente indicati i principi attivi dei medicinali assunti, poiché in altri Paesi non è da escludere la possibilità di reperire farmaci differenti solo per nome. Il viaggio rimane comunemente accettabile nei Paesi sviluppati, mentre per i Paesi in via di sviluppo, dove le condizioni igieniche possono risultare precarie con conseguente rischio di contrarre malattie, come pure per i Paesi dove sono in corso epidemie infettive o sedi di endemie di infezioni per le quali sono richieste vaccinazioni particolari è bene concordare il viaggio con il proprio medico.
Lo sport: quale scegliere?
Nei primi mesi del post-intervento è meglio evitare sforzi fisici, specie che coinvolgano i muscoli addominali. Inizialmente sarà necessario l’impiego di una fascia elastica addominale a protezione del dolore innescato da movimenti troppo bruschi e repentini. Successivamente le passeggiate a piedi e in bicicletta – in piano – rappresentano la soluzione ideale per il ripristino del tono muscolare, la normalizzazione del peso e il controllo della pressione arteriosa. Il nuoto – la stessa regola vale durante le vacanze nelle località di mare – può essere praticato trascorsi i 6 mesi dall’operazione, preferendo piscine non troppo affollate e specchi d’acqua non stagnante. A prestanza fisica recuperata e condizioni generali favorenti la pratica sportiva anche intensiva è praticabile nell’ambito di un controllo medico adeguato.
Rapporti sessuali dopo l’intervento: si o no?
Il trapianto di fegato non comporta nessuna restrizione della vita sessuale. Valgono sempre le precauzioni generali per evitare di contrarre malattie infettive.
Ciclo mestruale e gravidanza: cosa cambia?
Il ciclo mestruale torna alla piena normalità nell’arco di 6 mesi. È sconsigliata una gravidanza entro il primo anno dal trapianto. Il desiderio di maternità e paternità deve essere affrontato e discusso assieme al medico curante: non va esclusa, infatti, la necessità di modificare la terapia anti-rigetto. La gravidanza nella trapiantata deve essere monitorata in ambito specialistico con il supporto del centro trapianti.
n nel caso di loro prescrizione da parte dei medici specialisti nel trapianto.
Evitare assolutamente fumo, alcol e sostanze stupefacenti che possono interagire con i farmaci prescritti modificandone il meccanismo d’azione e intensificando i loro effetti indesiderati.
FONTE: http://www.epateam.org/